Ho camminato lungo le rive
di solitudini attraenti
sopravvissute ai prodigi della chimica
e mutate geneticamente per evitare lo sterminio;
ora divenute tabe contagiosa, aggressiva pandemia
del nostro millennio che di rado uccide come un tempo,
al contrario si moltiplica abitando ogni uomo
e disintegrando il sistema intaccandolo alle radici.
E’ solo l’inizio:
ha divorato l’empatia
rendendoci ecosistemi chiusi e fragili,
insensibili a mutazioni sensoriali di ogni genere.
Miliardi di egoarchi in perenne lotta
per imporre il proprio dominio,
stringiamo alleanze e le chiamiamo amore,
pronti a rinnegarle a convenienza.
Il progresso, di cui le nostre menti sono meravigliose artefici,
è direttamente proporzionale al regresso delle nostre anime,
ormai ridotte alla stregua di medioevali braccianti,
intente a coltivare ricchezze futili per soddisfare necessità imposte.
Per tutto questo e in nome di Dio,
o di quello che di Lui mi resta,
venduto alle mani incredule di un odio blasfemo,
io mi accuso di orgogliosa bestemmia!
Tra le spire acuminate di una vergine nera
sto cercando di risalire il colle,
ma non vedo un Padre a onorare il mio calvario:
che Natale sia per l’ingenuo gregge!
ammassato a valle
come non fossero corpi quei numeri
senza vie di fuga e speranze,
nate già morte al primo vagito.
Cerco gli occhi vuoti e insensibili del boia,
ma non riusciranno certamente i miei a persuaderlo;
è l’indifferenza dei mandanti però che mi uccide,
prima ancora della lama che mi reciderà la gola.
E’ il loro voltarsi,
il lavarsi le mani in un gesto biblico,
fingendo che quest’inferno non esista…
ma come fate ancora a sorridere.